I tre principi dell'UDL - Universal Design for Learning

L’accessibilità è riconosciuta dall’UDL come valore in sé, utile alla totalità degli individui e pertanto da tutelare non solo nell’interesse dei cittadini disabili, ma dell’intera collettività che apprende che si presenta sempre più costituita da una variabilità di soggetti e d’individuali modulazioni personalizzate di differenze intellettive e di stili di apprendimento.
L’idea sostanziale dell’UDL – Universal Design for Learning è che ciò che è progettato fin dall’inizio e senza adattamenti a posteriori per gli utenti che presentano una qualche difficoltà fisica, cognitiva o sensoriale sarà inevitabilmente adeguato anche per chi non ha particolari esigenze: si tratta, in altri termini, di una progettazione di qualità con un target d’utenza a base allargata.
L’approccio UDL – Universal Design for Learning si sintetizza in tre “Principi” didattici.

  1. Principio I - Proporre molteplici forme di rappresentazione, il “cosa” dell’apprendimento (rete di riconoscimento). Il “Principio I” nasce dalla considerazione che gli studenti differiscono nel modo in cui percepiscono e comprendono le informazioni che sono loro presentate. Per esempio, disabilità sensoriali (cecità o sordità), disabilità nell’apprendimento (dislessia), differenze linguistiche o culturali potrebbero richiedere tutti diversi modi di approcciarsi ai contenuti. Altri studenti potrebbero semplicemente assimilare le informazioni più velocemente ed efficacemente attraverso mezzi visivi o uditivi piuttosto che attraverso il testo scritto. Inoltre, l’apprendimento e il trasferimento dell’apprendimento avvengono quando sono usate rappresentazioni multiple perché permettono agli studenti di fare dei collegamenti interni, così come tra i concetti. In sintesi: non esiste un solo modo di rappresentazione che sia ottimale per tutti gli studenti e quindi fornire molteplici opzioni di rappresentazione diventa essenziale.
  2. Principio II - Proporre molteplici forme di azione ed espressione, il “come” dell’apprendimento (rete strategica). Il “Principio II” nasce dalla consapevolezza che gli studenti differiscono nei modi in cui personalizzano i loro percorsi in ambienti d’apprendimento e in come riescono ad esprimere ciò che sanno. Per esempio, gli stessi compiti assegnati possono essere risolti in maniera molto differente da individui con rilevanti disabilità (paralisi cerebrali), da individui che presentano difficoltà con le abilità strategiche e organizzative (disturbi della funzione esecutiva), da studenti che hanno difficoltà linguistiche. Poiché l’azione e l’espressione richiedono un gran numero di strategie e di organizzazione pratica (alcuni studenti potrebbero sapersi esprimere bene nello scritto e non nell’orale, e viceversa) diventa essenziale fornire diverse possibilità di azione e di espressione.
  3. Principio III - Proporre molteplici forme di coinvolgimento, il “perché” dell’apprendimento (rete affettiva). Il “Principio III” prende atto che l’inclinazione rappresenta un elemento cruciale dell’apprendimento e che gli studenti si differenziano notevolmente nel modo in cui sono motivati all’apprendimento e che non c’è un modo di coinvolgimento che possa essere ottimale per tutti gli studenti in tutti i contesti. I motivi che possono influenzare la variazione individuale dell’inclinazione sono molteplici come la neurologia, la cultura, l’attinenza personale, la soggettività, la conoscenza pregressa. Alcuni studenti sono altamente coinvolti dalla spontaneità e dalle novità, mentre altri non sono coinvolti, o anche spaventati, da questi aspetti, preferendo la rigida routine; alcuni individui preferiscono lavorare da soli mentre altri in gruppo. 


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